III. La sorcière
- Maria Elena Alessi
- 20 giu 2021
- Tempo di lettura: 6 min
Versailles, 7 gennaio 1660.
Nicolas Gabriel Leclair non aveva mai avvertito l'esigenza di recarsi nei dintorni delle selve fitte che attorniavano il deserto padiglione di caccia a Versailles, almeno non fino a quel momento. Il suo compito come luogotenente della gendarmeria si svolgeva principalmente nei dintorni di Parigi dove doveva ammettere, non senza un certo senso dell'onore, di aver raggiunto livelli quantomeno sufficienti di decoro e ordine pubblico.La città necessitava ancora di strade e di un' illuminazione notturna adeguata; le fogne e le latrine a cielo aperto rappresentavano tuttora dilemmi intrecciati da affrontare, ma certamente i parigini erano più al riparo dai tagliagole, ladri e mendicanti di quanto lo fossero dieci anni prima e tutto questo non sarebbe stato possibile se non si fosse dato da fare nello sbrigliare quella che sembrava l'ingarbugliata e infinita matassa del crimine che avvolgeva Parigi.
Nonostante i suoi sforzi, era giunto però alla conclusione che sarebbe stato improbabile venirne a capo, se la Corona non gli avesse assicurato altri uomini, spie e risorse sufficienti per farlo. Se non altro, l'intendente alle Finanze, Colbert, aveva espresso parere favorevole alla possibilità di accordargli un'udienza con il cardinale o con il re in persona per discutere della questione immediatamente.
Il factotum del cardinale non gli piaceva granché per via dei suoi modi algidi, ed era certamente molto meno affabile del sovrintendente Fouquet, ma era l'unico dei suoi contatti che sembrava non aver sottovalutato la questione. Inoltre era il solo ad avere accesso e a conoscere l'esatto ammontare della fortuna smisurata personale di Sua Eminenza, di gran lunga più rigogliosa rispetto alla misere casse della Corona, da cui si diceva che il prelato avesse attinto senza remore e a piene mani. Se c'era qualcuno che poteva convincere Giulio Mazzarino a impiegare parte del proprio patrimonio personale per i fini che lui si prefiggeva, quello era proprio Colbert.
Soprattutto dopo gli ultimi eventi, l'urgenza di un' udienza era tale da non essere in alcun modo procrastinabile. Nicolas infatti faticava sempre di più a ricostruire quella che stava diventando a tutti gli effetti una vicenda dai risvolti più che inquietanti.
In quattordici anni di servizio agli ordini di Sua Maestà, credeva di avere nozione sulla morte e la violenza in tutte loro possibili e orride declinazioni. Aveva conosciuto la torbida follia ammantata dietro la maschera dell'omicida più insospettabile, la disperazione di donne suicide per la violenza reiterata di mariti che perpetravano loro ogni sorta di brutalità e coercizione, sicuri della propria impunità, giovani fanciulle che avevano preferito la liberazione del sonno eterno a una vita monastica o al marchio infamante dell'onta di una gravidanza indesiderata.
A quarantadue anni, era ormai capace di fiutare lontano un miglio il ghigno sfuggente di un truffatore che aveva appena messo in atto la propria frode e aveva imparato ad avere le gambe sempre più lunghe del ladro che tentava di sfuggirgli colmo di ricchezze trafugate.
Ma questa volta era diverso.
Non si trattava di semplice alienazione o aberrante paranoia, no. Chiunque fosse stato a organizzare gli scempi a cui aveva assistito negli ultimi giorni aveva una mente perfettamente lucida, perseverante e lungimirante nella propria follia. C'era uno schema preciso, un fine ultimo che ci si proponeva di realizzare e qualcosa, alla vista dello spettacolo che gli si parò davanti mentre scendeva da cavallo, gli disse che chiunque ci fosse stato dietro non si sarebbe arrestato di fronte a nulla pur di perseguire i propri scopi. Attaccò il destriero a un albero e raggiunse i suoi uomini, intenti a sorvegliare il perimetro del lago in attesa che i braccianti finissero di recuperare i corpi nelle acque gelide del piccolo specchio d'acqua, incastonato come un opale blu tra le fronde.
«Li hanno trovati questa mattina, signore» lo informò Gérôme, uno dei suoi uomini più fidati. «Alcuni cacciatori si sono avventurati del bosco per la posta al cinghiale e hanno notato le sagome che galleggiavano.»
Nicolas annuì.
«Quanti corpi?» domandò secco.
«Dodici, signore. Ma sarebbe più corretto dire quante. Sono tutte donne.»
Nicolas chiuse gli occhi e perfino deglutì per tentare di digerire la notizia. Gli sembrò che del piombo fuso gli stesse affondando lo stomaco, ma si sforzò di mantenere un contegno.
«C'è una novità però» incalzò Gérôme, come a volerlo confortare. «Abbiamo arrestato una donna. L'abbiamo trovata a pochi passi dalla fonte, verso ovest, in direzione del castello. Aveva gli abiti stracciati e farneticava. È stata lei, signore. È chiaramente una strega.»
Nicolas alzò un sopracciglio, perplesso. Se c'era una cosa di cui poteva essere certo era che le streghe non avessero nulla a che fare con quanto accaduto. Della malevolenza nel mondo, il colpevole era soltanto l'uomo e nessun altro. Il soprannaturale era l'esclusivo capro espiatorio della Chiesa per mantenere il proprio impero sulle coscienze, di chi non aveva l'ingegno necessario per applicarsi o di chi semplicemente non voleva usarlo.
«Dov'è adesso la donna?»
«Con padre Raphaël alla Bastiglia, signore. È indubbiamente pericolosa e abbiamo pensato fosse necessario un esorcismo.»
Nicolas si astenne dall'evidenziare il proprio scetticismo in merito; sarebbe stato inutile.
«Dove state portando i corpi?»
«Li terremo per un altro giorno nel caso qualcuno nei dintorni del villaggio dovesse venire a reclamarli, poi li seppelliremo in una fossa comune. Data la natura demoniaca dell'evento, padre Raphaël ha ritenuto non opportuno seppellire le donne in terra consacrata.»
«Bene. Voglio che portiate immediatamente le salme a questo indirizzo di Parigi, prima di seppellirle.» Frugò nelle proprie tasche e ne estrasse un biglietto che tese al suo sottoposto; Gérôme afferrò il foglio, lesse il recapito e assunse un'espressione perplessa.
«Ma, signore...»
«Eseguite gli ordini e basta, Gérôme. Devo tornare nella capitale per raccogliere informazioni e poi devo assolutamente parlare con la donna in prigione. Fidatemi di me, ne verremo a capo.»
«Come volete, signore.»
Nicolas recuperò il proprio cavallo e lo spronò in direzione della città. Si prese il tutto il tempo necessario per rientrare al proprio alloggio, consumare un pasto frugale e riordinare le proprie considerazioni sull'evento su un taccuino che portava sempre con sé. Lasciò che il sapore secco e fruttato del vino bianco gli asciugasse il palato e indugiò a lungo con lo sguardo su alcuni schizzi in carboncino che aveva sequestrato di nascosto qualche giorno prima.
Definirle bozze era indubbiamente troppo riduttivo. La qualità della riproduzione era elevata e la precisione dei dettagli, anche le minuzie più raccapriccianti, era encomiabile. Quelle tavole non avevano nulla da invidiare ai disegni di Leonardo, e le considerazioni scritte a margine erano indiscutibilmente pertinenti e intrise di logicità.
Quando aveva dato l'ordine a Gérôme aveva agito d'impulso, forte della fiducia nelle proprie intuizioni, ma ora aveva dei dubbi. Non sul fatto che l'autore degli schizzi potesse essergli utile, anzi; di questo ne era ancora più convinto dopo gli eventi nefasti della mattina. Ma coinvolgere qualcun altro in modo diretto nelle sue indagini significava esporlo ai suoi stessi rischi e Nicolas aveva già troppe difficoltà nel salvaguardare se stesso per assumersi la responsabilità di proteggere un'altra persona.
Ciononostante, ormai era troppo tardi per tornare sui suoi passi. E del resto, se qualcuno se ne andava in giro ad ammazzare innocenti per passatempo, non era esclusivo dovere di Nicolas ma di tutti contribuire a fermare la mattanza.
Preso da quest'ultima risoluzione, afferrò il mantello e le armi e si mischiò senza indugio alcuno nella caotica folla che brulicava tra le vie di Parigi. Proseguì a piedi per un tempo decisamente maggiore di quanto avesse previsto, ma la direzione era corretta e in poco tempo giunse davanti a una delle tante dimore spoglie dove alloggiavano i contadini e gli artigiani della città. Bussò con dei pugni vigorosi a una porta, ignorando un battente malridotto e arrugginito, e poco dopo vide degli occhi castani fare capolino da uno spiraglio.
«Chi siete?» domandò una voce femminile palesemente intimorita.
«Aprite immediatamente. Ordini del re.»
Non fu sorpreso quando vide l'uscio chiudersi di corsa e sbuffò spazientito quando comprese che la donna stava chiudendo con il chiavistello. Senza abbattersi, Nicolas fece un passo indietro. La porta era in legno, poco pregiato e anche abbastanza malridotto dalle intemperie. Non gli sarebbe costata alcuna fatica buttarla giù con un calcio, dunque passò immediatamente all'azione. L'uscio cedette quasi subito alla sua violenza e si abbatté sul pavimento della soglia con un tonfo e un morente cigolio di cardini.
Nicolas avvertì un frastuono metallico e riuscì a schivare appena in tempo i colpi di un attizzatoio ancora bollente; afferrò la giovane donna per i polsi, la spinse sul pavimento e impugnò la pistola già carica.
«Mettete giù quell'oggetto. Subito.»
La giovane donna lo fissò, un'espressione di autentico terrore dipinta sul suo volto. Nicolas la vide cercare coprire con lo sguardo tutto l'ambiente circostante per cercare una via di fuga. Gli occhi della ragazza saettarono verso un'altra porta, un'uscita secondaria che Nicolas si era già premurato di chiudere poco prima con dei barili abbastanza pesanti, e poi verso le finestre chiuse.
«Calmatevi, vi prego. Non sono qui per arrestarvi o farvi del male. Avete la mia parola, Mademoiselle.»
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