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II. Beauté et innocence

  • Immagine del redattore: Maria Elena Alessi
    Maria Elena Alessi
  • 2 giu 2021
  • Tempo di lettura: 7 min

Val-de-Grâce, 7 gennaio 1660.


Anna si inginocchiò con lentezza, concentrata sull'espressione sofferente degli occhi chiusi del crocifisso scolpito grezzamente dal legno. La corona era talmente realistica che poteva quasi avvertire le punture degli spini sulla propria fronte. La mite afflizione del Cristo, con i suoi occhi socchiusi, contrastava con il tripudio brillante di luce e colori proveniente dalle vetrate narranti le storie dell'Antico e Nuovo Testamento. Anna si concesse uno stralcio di esteta vanità soffermandosi per un attimo sulle scene della Passione rese ancora più vivide dalla luce del nascente sole invernale, per poi tornare a leggere i Salmi.


La cappella del convento di Val-de-Grâce era l'unico luogo in cui riusciva a trovare quiete. Se non avesse amato così tanto i suoi figli si sarebbe ritirata lì da tempo. La vita non era stata amabile con lei; molti avrebbero definito la sua esistenza come privilegiata ma quella non era che mera facciata. Nessuno avrebbe mai potuto immaginare lo sgomento che l'attanagliava quando suo marito, il re Luigi XIII, minacciava di ripudiarla, nessuno avrebbe mai potuto patire sulla propria lingua il disgusto che le provocavano gli approcci licenziosi di Richelieu. Nonostante la loro morte, i fantasmi di entrambi avevano ancora il potere di turbarla quando si attardava più del dovuto a osservare da sola i loro ritratti nelle stanze del Louvre. Una parte di lei aveva sempre percepito il malsano istinto di ringraziarli. Se non avesse acconsentito a sposare quel re debole, malato, più incline alle preferenze maschili che alla sua bellezza, e se non avesse fatto il callo di fronte alle loro continue vessazioni, non avrebbe mai concepito Luigi e Filippo, e non sarebbe riuscita mai a sopravvivere alla reggenza e a tutto ciò che ne era derivato.


La rivolta del popolo di Parigi, nella prima Fronda, poi quella dei principi e il terrore di venire assassinati dal suo stesso cognato, Gastone d'Orléans, e dai nobili rivoltosi. Contenne il tremito delle proprie mani mentre chiudeva il libro e afferrava la corona del Rosario, persa nei meandri della memoria al giorno in cui i ribelli avevano invaso il Palais-Royal in piena notte, pretendendo di vedere Luigi mentre dormiva, per verificare che lei e i suoi figli non fossero scappati dalla capitale. Si lasciò sfuggire un tenue sorriso di compiacimento all'idea di aver finalmente domato la loro arrogante vanagloria. Gastone era ormai confinato a Blois, privato fino all'ultima goccia di potere, e il principe di Condé avrebbe presto chiesto in ginocchio il perdono di suo figlio. Mazzarino aveva mantenuto la sua promessa fatta, aiutandola a spezzarli uno ad uno come rami di giunco e mantenendoli più bassi dell'erba.

Mai saranno invalicabili gli ostacoli di fronte all'amore di una madre, rifletté esaminando le scene della vita della Madonna incastonate nei frammenti delle vetrate. Aveva perso il conto delle volte in cui aveva chiesto alla Vergine la grazia di poter concepire un figlio e aveva creduto che il suo cuore potesse scoppiare quando, nonostante ore interminabili di sofferenze e travaglio, a soli due anni di distanza aveva dato alla luce i suoi bambini in un'età in cui molti la consideravano più prossima alla sterilità che alla maternità.

«Quando pregate siete così austera, Anna. Il troppo rimuginare vi incupisce e vi invecchia.»

La regina sobbalzò; non aveva sentito il cardinale arrivare, ma non distolse lo sguardo dalla bellezza e dalla limpidezza dell'arte. Avvertì il lieve suono delle pieghe della stoffa sull' inginocchiatoio e riuscì a scorgere il profilo della veste purpurea e delle mani di Mazzarino congiungersi in preghiera.


«Il tempo passa per tutti, Giulio. A volte ho la sensazione che non mi resti poi molto altro da vivere. Ho conosciuto tutto ciò che una sovrana dovrebbe apprendere e fatto forse anche tutto quello che una regina non dovrebbe mai fare.»


Le ultime parole le raschiarono la gola, soffocate da un moto d'imbarazzo, e si spensero nell'inno che le monache cominciarono a intonare, nascoste tra le grate del coro, per celebrare le Lodi del mattino.

Il cardinale si voltò per osservarla con più attenzione. Alcune rughe d'espressione segnavano il volto della sovrana, ormai prossima ai sessant'anni, ma nel complesso la maturità era stata generosa nei suoi confronti. Il viso era pieno, con le gote rosee come quelle di una ragazza, e gli occhi non risentivano ancora del peso delle palpebre cadenti; le iridi nocciola screziate di verde, identiche a quelle di Louis, erano più vigili che mai, e il taglio a mandorla le conferiva un'attrattiva irresistibile nelle rare volte in cui l'aveva vista lasciarsi andare a un sorriso. Soltanto alcuni fili d'argento spezzavano l'oro della sua fluente capigliatura e più che ingrigirla, contribuivano ad aumentare l'aura di regalità che lasciava dietro di sé come una fragranza. Il suo profilo, sebbene più pingue rispetto agli anni della giovinezza, nulla aveva tolto alla sua statura imponente, simile a quella di una dea greca.

«È vero quello che si dice, allora.» Decise di canzonarla per tentare di scacciare via le sue ombre. «Il più grande talento degli spagnoli è l'arte drammatica.»


Come aveva previsto, ricevette un altero sguardo di disapprovazione dalla regina, ma non desistette. Conosceva da così tanto tempo l'indole della sovrana da sapere perfettamente fino a quanto potesse spingersi senza urtare davvero il suo focoso temperamento iberico.

«Dovreste pregare meno e passeggiare di più, mia signora» proseguì. «Non esistono soltanto messe, pellegrinaggi e conventi. Vi stupirà scoprire che anche la senilità ha le proprie bellezze, malgrado le asperità che riserva. Avete vinto perfino la guerra più difficile, quella contro vostro fratello. Dovreste essere orgogliosa di voi.»


La udì sospirare e l'aria greve che si annidava tra di loro come una nube plumbea si dissolse d'incanto; la regina si lasciò andare a leggero riso, quasi impertinente e scosse la testa, riponendo di nuovo il rosario in un sacchetto di seta.


«Consiglio curioso per un prelato, Giulio» commentò, guardandolo per la prima volta negli occhi con un'intensità che il cardinale credeva sopita ormai da tempo.


«Io sono stato religioso nella mia vita tanto quanto voi siete stata indolente, Anna. Non crediate che abbia dimenticato come eravate un tempo, mia signora. Eccessiva, spregiudicata... troppo impulsiva e incosciente, ho perso il conto delle volte che ve l'ho rimproverato durante la Fronda. Ma indubbiamente sempre autentica, in una corte dove l'ipocrisia e la menzogna erano il pane quotidiano per la sopravvivenza. Non ho conosciuto donna che amasse la vita e i suoi piaceri più di voi. Ed è forse per questo che io...»


Il cardinale si interruppe, incapace di dare seguito ai propri pensieri di fronte allo sguardo stupito e interrogativo della regina. «Ed è per questo che vostro marito e Richelieu vi disprezzavano» proseguì poi, cercando di celare il proprio tono più accorato del lecito, «perché eravate la gioia più grande e immeritata che avessero mai potuto ricevere nella loro vita tetra.»


«È vero» convenne Anna, annuendo con il capo. «Ma voi parlate di un tempo in cui ancora non avevo compreso che la malvagità degli uomini è un pozzo di cui non si vede mai il fondo, Giulio. Se ci penso, in tutta la mia vita voi siete stato forse l'unico di cui mi sia potuta davvero fidare. Non c'è posto per l'innocenza e il candore nel cuore dei re. Non se vogliono regnare a lungo.»


Il cardinale si sollevò dall'inginocchiatoio e le tese la mano per aiutarla a rialzarsi.

«Oh, non crediate che non lo sappia» ribatté, facendosi il segno della croce. «La Francia intera mi ha odiato e continua a odiarmi per la fiducia che continuate ad accordarmi. Ma per voi, Anna... per Luigi e per Filippo ne è valsa la pena. Ne varrà sempre la pena.»

Anna osservò i lineamenti del suo Primo Ministro. Giulio era sempre stato un bell'uomo, ordinato, prestante. I capelli e i baffi di cui era andato fiero in gioventù, ora viravano più verso il grigio ardesia che verso il castano dorato, ma lasciavano immutati il suo carisma e la sua intelligenza. L'acume e l'intelletto gli conferivano un fiuto politico senza pari e lei si era sempre sentita fiera del merito di averlo compreso e sostenuto più dello stesso Richelieu.


Mazzarino era perversamente machiavellico nei suoi disegni diplomatici. Innocuo ai limiti dell'insignificante all'apparenza, ma dietro le tende aveva saputo giocare con le ambizioni e con le brame di potere della nobiltà intera come un burattinaio faceva con le sue marionette nelle piazze di mercato. La maschera di pacatezza e di imperturbabilità che indossava, anche di fronte alle ingiurie più infamanti che avevano dovuto sopportare, l'aveva portata molte volte sull'orlo della follia per l'irritazione, ma le avevano anche impedito di compiere errori irreparabili, spinta dall'impeto e dall'ira della giovinezza.


Se c'era una cosa che Anna gli invidiava e che non aveva mai compreso fino in fondo, era il contrasto che albergava nell'animo enigmatico del suo ministro, un morbido chiaroscuro degno delle tele del Correggio che il cardinale stesso tanto amava. Giulio alternava una leggerezza quasi fatua a una tempra più tenace del diamante con infinita maestria e sapienza. Sapeva essere spietato con i nemici e contemporaneamente capace di sorridere con inesauribile e genuina tenerezza. Erano sfaccettature ambigue del suo essere che le avevano suscitato da sempre sensazioni altrettanto discordanti: accanto a lui aveva paura, era esaltata e si sentiva compresa e amata più di qualunque altra donna al mondo, tutto nello stesso tempo. Dopo tanti anni, ancora non aveva afferrato pienamente cosa la tenesse legata a quello che molti consideravano un italiano mediocre e senza scrupoli. Ma qualunque cosa fosse, le aveva infuso tanta più vita quanto più si trovava circondata da morte.


Persa ancora com'era nelle proprie valutazioni, quasi non si accorse che il cardinale l'aveva guidata fuori dalla cappella. I due finirono per passeggiare a lungo in silenzio l'uno al fianco dell'altra sotto il portico del chiostro, che recintava una serra rigogliosa e vivace a dispetto della rigidità dell'inverno, grazie alle cure dalle consorelle. Mazzarino lasciò la mano che le aveva tenuto fino a quell'istante per sporgersi verso un cespo di fiori candidi. Recise con delicatezza un giglio di singolare grazia e glielo porse.


«Per voi, Anna» mormorò con disarmante genuinità, che tradì all'istante quale fosse la sua debolezza più grande. «Per ricordarvi che l'innocenza esiste ancora e che la bellezza può salvare un regno più di mille guerre.»

 
 
 

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